IL RESTAURO Il concetto di restauro conservativo ha un fine che trascende il solo aspetto estetico di gradevolezza datoci da un libro che, dapprima sfasciato, vediamo come rinato dopo il restauro. Spesso sono proprio i possessori di libri che causano il loro male, con frasi dette al restauratore:”Mi raccomando, me lo faccia nuovo nuovo” oppure: “Incolli, incolli, lo faccia stare assieme col minor costo possibile”. In effetti la frase giusta sarebbe: “Intervenga il meno possibile rispettando i criteri con cui è nato questo manufatto”. Il fine del restauro conservativo è dunque il miglioramento di una situazione di degrado in atto senza causare danni ulteriori per inadeguatezza d'intervento. Paradossalmente, in casi di estremo degrado dove l'intervento del restauratore sarebbe così invasivo da cancellare quasi tutte le componenti originali, il restauro conservativo consiglia un non intervento bensì la preparazione di una scatola chiusa realizzata con materiali a pH neutro che contengano inalterate nel tempo tutte le componenti del volume anche se lacunose, staccate o deformate (restauro archeologico). I materiali consigliati alle scuole di restauro conservativo dall'Istituto Centrale per la Patologia del Libro di Roma sono testati ormai da tempo e sono fonte aggiornata di continui miglioramenti: essi permettono di porre rimedio alle più disparate situazioni del materiale cartaceo, siano esse di degrado chimico, biologico o meccanico, senza aggredire radicalmente ma garantendo altresì un ottimo grado di reversibilità di ogni prodotto usato. Spesso, l'utilizzo di prodotti e tecniche inadeguate, adesivi troppo forti e acidi, ritocchi pacchiani su stampe e disegni delicati, rifacimenti di coperte inappropriate rispetto all'epoca di produzione del manufatto, compromettono con violenza i delicati equilibri frutto dell'assemblaggio all'origine, di un prodotto così polimaterico qual è un libro. Vediamo nel pratico: Se incollo semplicemente un dorso staccato, in cuoio o pergamena o tela, senza valutare il motivo del distacco, lo sottopongo ad un violento sforzo ogni volta che apro il libro, causando sia una cattiva apertura del volume per la consultazione, sia lo spezzamento (spesso irrisolvibile) del dorso stesso. Se eseguo un'integrazione in cuoio con un adesivo inadeguato, di certo causerò un brutto alone scuro irreversibile tra le parti che vengono in contatto e se la pelle è chiara ancora peggio. Se su qualsivoglia libro del ‘500 ‘600 etc. rimonto “a cartella” la coperta staccata come si usa per i libri moderni, senza valutare un prolungamento e incartonatura dei nervi spezzati nei piatti, creo un disequilibrio tra dorso e piatto che si conclude con la rottura della coperta lungo l'asse longitudinale della cerniera. Se sostituisco una coperta in cartoncino alla forma su, per es., un libro d'epoca raro e di valore, anche se questa è in ottimo stato solo perché viene considerata ingiustamente un materiale “povero”, creo comunque un assemblaggio “fuori epoca”, dove magari una nuova e ricca legatura che esteticamente colpisce l'occhio è realizzata con cuoio di dubbia produzione e le dorature sono fin troppo pacchiane. E via di seguito. Come posso iniziare ad essere conservatore sul mio materiale cartaceo? Se librario, ripulendo con un pennellino o con un piccolo aspiratore la polvere che si deposita sui tagli, soprattutto quello di testa, per evitare che questa veicoli l'umidità presente nell'aria all'interno della compagine delle carte provocando la formazione di gore o di spore fungine; spolverando le librerie e verificando l'assenza di tarli; allontanando la libreria dalle zone di casa più colpite durante la giornata dal sole, che causa uno sbiadimento ed irrigidimento dei dorsi; ponendo i libri su ripiani ben asciutti ed in posizione perfettamente verticale (meglio se orizzontale), mai inclinati. Se si tratta di materiale documentario o genericamente grafico, stampe, disegni, acquarelli etc., lo conservo in posizione distesa e non arrotolata, lontano da fonti di luce o dai termosifoni o dall'umido, verificando di quando in quando se ci sono alterazioni nei colori o nella carta che col passare del tempo, può presentare la nota puntinatura rugginosa detta foxing e indice dell'inizio di un degrado. Queste piccole finezze sono il punto d'inizio e la fine del discorso sulla conservazione, poiché vanno comunque rispettate sempre anche successivamente ad interventi di restauro. Il restauro non conferisce dunque all'oggetto cartaceo o librario una longevità infinita, ma una buona conservazione è sempre indice di buona salute delle nostre amate (si spera) opere grafiche e librarie.
Cinzia Paraboschi
|